Dossier su un nuovo “dottore”

Giovedì 31 luglio, in un’udienza al card. Semeraro, l’attuale occupante (materiale) della Sede apostolica Robert F. Prevost – Leone XIV ha deciso di proclamare “Dottore della Chiesa” (titolo originalmente coniato per il solo san Tommaso d’Aquino, esteso poi nei secoli ad altre figure che hanno illustrato e difeso la Fede cattolica) il cardinal John Henry Newman. «Verrà giorno in cui non sopporteranno più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci» (2 Tim IV 3) e così (per citarne solo alcuni) dopo Gregorio di Narek (monofisita e scismatico), suor Faustina (messa all’Indice nel 1958), Karol Wojtila e Joseph Ratzinger (serve commentare?), il Vaticano II che ha abbandonato la sana dottrina si è eletto a “dottore della fede” anche il famoso prelato inglese convertito al cattolicesimo nel 1845. Il modernismo se lo è scelto a maestro: sarà per il semplice amore del Newman alla Tradizione e al Papato? Oppure per altri aspetti del suo pensiero? Per meglio conoscere il pensiero del Newman, e il modernismo che lo venera, riproponiamo due scritti presi dalla nostra rivista.

La discendenza spirituale del cardinal Newman (in Sodalitium n. 66 pp. 24-27)

“Jean Guitton ha scritto che secondo Paolo VI il Vaticano II ‘è tutto Newman’” (cit. da R. De Mattei, Il suo non è un Antisillabo, e piacque all’antimodernista San Pio X, ne Il Foglio, 17 settembre 2010, p. I). Ecco un’interessante genealogia spirituale che spiega la “beatificazione” di Newman (1801-1890) da parte di Joseph Ratzinger in Inghilterra, esaudendo i voti del “cattolico liberale” (ipse dixit) Francesco Cossiga, ora defunto, presidente emerito della Repubblica Italiana.
Anche i Modernisti dei primi del Novecento rivendicavano quest’ascendenza. La rivendicava Loisy, la rivendicava Tyrrel, la rivendicava Buonaiuti, la rivendicava don Brizio Casciola. Nessuno ignora che la crisi modernista venne alla luce nel 1902 col libro del sacerdote ed esegeta francese Alfred Loisy (1857-1940) L’Evangile et l’Eglise. Non tutti ricordano però che il “petit livre” di Loisy voleva essere una risposta critica a L’Essenza del Cristianesimo del protestante Adolf Harnack. Già dal 1898 Loisy polemizzava con Harnack: concordi nel razionalismo biblico, il “cattolico” Loisy si voleva distante dal collega protestante proprio grazie alla teoria della evoluzione dei dogmi di Newman: “La teologia cattolica – osserva Loisy – ha avuto ai nostri tempi il più gran dottore di cui avesse bisogno, e al quale sono mancati solo dei discepoli. L’Essay on the Development of Christian Doctrine di Newman data in effetti del 1845, e dopo un mezzo secolo non si può dire che abbia trovato un’eco. Ora, in questo libro, Newman espone una scoperta capitale: lo sviluppo cattolico è nella logica reale del cristianesimo; è indispensabile alla sua conservazione ed è divinamente legittimo come lui; anz i, in fondo è impossibile distinguere l’uno dall’altro. (…) Una idea non resta quindi maggiormente fedele a sé stessa nella misura in cui si preserva meglio dal cambiamento. La storia interna del cristianesimo mostra al contrario che l’errore è spesso il prodotto della stagnazione…” (E. Poulat, Histoire, dogme et critique dans la crise moderniste, Casterman, seconda edizione 1979, pp. 74-75). Alcune proposizioni di Loisy, condannate dal Decreto Lamentabili, sono state esposte – secondo l’esegeta francese – da Newman (ibidem, p. 107). Loisy, Tyrrel, Blondel, Laberthonnière, tutti modernisti, vedevano nell’evoluzione del dogma di Newman uno dei fondamenti di una teologia antiscolastica e antiintelluettualistica (p. 303). Il gesuita scomunicato George Tyrrel (1861-1909) scrisse che “la radice del modernismo” doveva ricercarsi “nello spirito che aleggia in una certa lettera di un certo cardinale a un certo duca” ovvero del card. Newman al duca di Norfolk sulla coscienza (G. Tyrrel, Il Papa e il modernismo, Voghera editore, Roma, 1912, p. 153). Non a caso “il modernista umbro, don Brizio Casciola, il “Santo” del romanzo di Fogazzaro, pubblicò nel 1908 “il volumetto ‘Della coscienza. Estratto della lettera di Newman al duca di Norfolk’”. Anch’egli anglicano convertito al cattolicesimo, Tyrrel “era convinto di trovare nelle dottrine sul ‘senso illativo’ della fede del cardinale Newman l’anello di congiunzione tra il cattolicesimo e il pensiero moderno” (De Mattei, Modernismo e antimodernismo nell’epoca di Pio X in Don Orione negli anni del modernismo, Jaca Book, Milano, 2002, pp. 35-36, cit. anche nell’articolo del Foglio. Il riferimento è all’opera di Newman La grammatica dell’assenso, del 1870). Il capo del modernismo italiano, Buonaiuti, nelle sue memorie (Il pellegrino di Roma) così definisce Tyrrel: “Genuino erede, diremmo quasi reincarnazione eloquente ed ispirata, di Newman”. Più che amico del Tyrrel (partecipò ai suoi funerali, anche se Tyrrel non si riconciliò con la Chiesa) fu anche il suo confratello gesuita Henri Brémond (1865-1933), che guarda caso scrisse, nel 1906, Newman. Essai de biographie psychologique, nonché altre opere sul pensiero del cardinale inglese (Le développement du dogme chrétien; La psychologie de la Foi; La vie chrétienne). Già il protestante modernista Auguste Sabatier (1839-1901) scrisse su Newman nel 1890, e così il modernista Padre Giovanni Semeria (1867-1931) nel 1907 (Il cardinal Newman). Il “Programma dei Modernisti. Risposta all’enciclica di Pio X Pascendi Dominici gregis” scritto da Ernesto Buonaiuti (1881-1946) scomunicato vitando, invoca anch’esso l’autorità di Newman. La cultura “laica” non ha difficoltà a riconoscere il legame spirituale tra Newman ed il modernismo: “teologo audace che forse non del tutto a torto il modernismo rivendica – per certi lati dell’insegnamento di lui – come proprio padre spirituale” (così l’enciclopedia Treccani). Ma anche l’Enciclopedia Cattolica, pur elogiando grandemente il teologo inglese, ammette che nel suo pensiero “qualcosa si può rilevare di caduco, di inesatto, di non ortodosso (così Mons. Piolanti). Gli apologeti di Newman citano però sempre la lettera di San Pio X al Vescovo di Limerick, Eduard Thomas O’Dwyer, Tuum illud opusculum, del 10 marzo 1908, con la quale il Papa antimodernista “difese l’ortodossia del cardinale Newman, aprendo con questo autorevole intervento la strada alla sua beatificazione” (De Mattei sul Foglio). In effetti, San Pio X loda il Vescovo di Limerick per avere difeso il cardinale dalla pretesa dei modernisti secondo la quale non si poteva condannarli senza condannare per il fatto stesso Newman. San Pio X però, anche con l’intento di strappare ai modernisti un così prestigioso patrono, non manca, con tutto il rispetto per il celebre porporato, di fare delle riserve a suo proposito, riserve che non sono mai ricordate da chi cita questa lettera ma non le sue parole e il suo contenuto. Prima di tutto, S. Pio X ricorda che non si può mai opporre l’opinione di un dottore privato, anche insigne, al magistero della Chiesa. In seguito, distingue tra le opere di Newman prima della conversione e quelle successive (l’opera sullo sviluppo dei dogmi precede di poco la conversione). Quanto alle prime, ammette che in esse “forse si può scoprire qualcosa che ha una certa somiglianza con alcune formule dei modernisti”, ma, prosegue il Pontefice, Newman convertendosi sottomise tutte le sue opere al giudizio e alla revisione della Chiesa Cattolica affinché le correggesse se necessario. Quanto alle opere scritte dopo la conversione, anche in esse si possono trovare cose estranee ai comuni argomenti dei teologi, e persino, aggiunge, Newman “non ha fatto uso di un modo di esprimersi sufficientemente prudente”; non si può però dubitare della sincerità della sua Fede, né si deve distorcere il suo pensiero come fanno i modernisti; di lui e del suo pensiero si segua particolarmente il fatto di considerare santo il magistero della Chiesa, custodire la dottrina tramandata dai Padri e soprattutto sottomettersi e obbedire al Papa (al quale, dopo la conversione, volle sempre essere fedele anche se era contrario alla definizione del dogma dell’Infallibilità pontificia, e amava prendere le distanze dagli “ultramontani” e dal Cardinale Manning). Insomma, non tutto è sicuro nel pensiero di Newman, ma egli, da buon cattolico, si sottomise all’autorità della Chiesa; non fu modernista ante-litteram, Newman, ma senza volerlo alcune sue idee aprirono le porte al modernismo.

Il Cardinal Newman (in Sodalitium n. 70-71 p. 72)

Il Cardinal Newman (LVDT pp. 5-6, 14, 30, 32, 45, 67, 94, 101) è sempre il “Santo patrono” di RS [RadioSpada] (e non solo). Voleva farlo Santo Paolo VI (e Cossiga). Lo dichiarò venerabile Giovanni Paolo II, Beato lo fece Benedetto XVI, e Santo “papa” Bergoglio; RS lo mette sotto la protezione di Leone XIII il quale avrebbe detto di lui: «Il mio cardinale! Non è stato facile, non è stato affatto facile. Dicevano che era troppo liberale, ma io ero determinato a onorare la Chiesa onorando lui. Ho sempre avuto una grande ammirazione per lui. Sono orgoglioso di aver avuto la possibilità di onorare un uomo così (Leone XIII a proposito dell’elevazione al cardinalato di J. H. Newman)» (25/9/18 FB). RS dedica un articolo laudativo del Newman poeta e romanziere (9 agosto 2018); tra i suoi meriti, aver ispirato… Claudel: “Il suo sole illuminò molti scrittori – tra cui il francese Paul Claudel – che furono attratti dalla grandezza del suo pensiero e dalla buona qualità letteraria dei suoi lavori maggiori, pregni di spiritualità e, soprattutto, di Verità”. Tra gli scrittori inglesi che devono alla lettura di Newman la loro conversione RS segnala Muriel Spark (RS 29 settembre 2019), scrittrice di origine ebraica (si chiamava Camberg) ora pubblicata in italiano da Adelphi. Quel che pensiamo del cardinal Newman lo abbiamo scritto su Sodalitium (n. 66, 2013, pp. 24-26). (Sulla questione omosessuale, senza dar credito alla fonte e per pura informazione: cf https://www.gionata.org/john-henry-newman-e-il-primo-santo-apertamente-gay/).